Il metodo Kominsky
Vi spiego perché un depresso che vuol star meglio dovrebbe guardare una serie tendenzialmente depressiva.
Ho parcheggiato Il metodo Kominsky fermo in un angolino per quasi un anno, attendendo l’ispirazione giusta che mi facesse trovare la voglia di premere play. Inizialmente, quando Netflix ha piazzato il trailer in home, la mia reazione è stata: “Wow, una serie con Michael Douglas!”. Incuriosito non poco, soprattutto dalla scelta del protagonista (prima vera serie tv con l’attore nel cast fisso dai tempi de Le strade di San Francisco, in cui era agli esordi), ho avviato una mini indagine che mi ha permesso di scovare il nome di Chuck Lorre come creatore, produttore e sceneggiatore della serie.
Adesso, non ho la minima intenzione di discutere le qualità del buon Chuck, anche perché sin da bambino sono sempre stato attaccato allo schermo quando venivano trasmessi i suoi show, da pappa e ciccia a due uomini e mezzo finendo con the Big Bang theory – anche se quest’ultimo poteva benissimo terminare con la metà delle stagioni, e lo dico con una forte stretta al cuore -. Detto ciò non nego che leggendo quel nome sia scattato un piccolo pregiudizio accompagnato da una vocina che mi diceva: “guarda altro amico, questo l’hai già visto“. Così ho fatto, senza mai però scartarla, immaginando che un giorno le avrei dato un’opportunità. E quale periodo migliore se non quello in cui viene rilasciata la seconda stagione?
Ho avviato la serie, lasciandomi conquistare senza ritegno da quei 20 minuti di intrattenimento puro.
Sandy Kominsky (Michael Douglas) è un attore avanti con gli anni che in passato vantava una carriera di successo, adesso al tramonto. Nonostante ciò continua a lavorare nel mondo dello spettacolo come maestro di recitazione, amato e venerato dai propri allievi. La voglia di tornare alla ribalta sullo schermo però permane, anche per questo resta sempre a stretto contatto con il manager/amico Norman Newlander, quest’ultimo in fase depressiva a causa della recente scomparsa della moglie. I due si aiuteranno l’un l’altro nel tentativo di stare al passo con il mondo e con la propria vita.
Una premessa semplicissima che non fa di certo urlare al capolavoro per originalità, ma che fa leva sulle interpretazioni dei protagonisti e sul “situazionismo” che si viene a creare attraverso momenti in apparenza normali che si trasformano in scene improbabili, accompagnate allo stesso tempo da note esilaranti e di riflessione.
L’interpretazione di Michael Douglas è di una naturalezza estrema, totalmente a suo agio nei panni di una star che dispensa consigli camuffando la sua difficoltà nel trovare di nuovo posto nella Tv di oggi. Finto umile, finto autorevole, finto sicuro, pian piano vengono mostrate tutte le sue fragilità dalle quali proverà ad imparare e crescere, nonostante la vecchiaia incomba. Un eterno giovane che accetta il passare del tempo, plasmandolo a modo proprio.
Norman, interpretato da Alan Arkin (Oscar per Little Miss Sunshine), è il personaggio finto burbero, sempre critico con il prossimo e tagliante con l’amico fraterno Sandy, disperato per la dipartita della moglie ma sempre pronto a mostrarsi irriverente quando se ne presenta l’occasione. Ed è proprio il binomio Douglas-Arkin che alimenta il motore della serie, rendendo leggero ciò che appare pesante, fondendo quel pizzico di tristezza ad una comicità amara, esasperata, cruda, ma dannatamente reale.
Il metodo Kominsky è una commedia come non ne vedevo da un bel pezzo, da vedere in qualunque momento e con un qualsiasi umore addosso. Chi per vari motivi ha una giornata no o sta passando un periodo non esattamente felice della propria vita, approcciandosi alla serie riuscirà ad immedesimarsi in Sandy e Norman, estrapolandone riflessioni e portando a sé quella voglia di non sottostare alla condanna emotiva provocata da qualsivoglia evento nefasto.
Una serie tv che ha cuore, di cui ci si innamora facilmente, estremamente consigliata. Perciò posate le lamette e chiudete i rubinetti dell’acqua calda in bagno, perché c’è da aprire Netflix e imparare il metodo Kominsky.